Il talento non è solo un discorso fisico. Ci deve essere una componente spirituale.

“Mi avevi convinto al ciao”. Ecco; ormai riconosco la qualità degli incontri dal ciao. Perché il mio povero talento nel riconoscere i talenti degli altri, sulla qualità degli interlocutori, non sbaglia.

Avere avuto l’opportunità di parlare con Pietro Dal Pra, al di la del ringraziamento doveroso a Riccardo Facci che mi ha consigliato il confronto, è stata una fortuna, perchè mi ha fatto capire la grandezza di questo progetto. Ed è proprio attraverso le storie di persone straordinarie come Pietro, che capisco il valore e la necessità di condividerle con chi legge. Perchè è l’esperienza condivisa ad essere per me il fulcro dell’insegnamento e del sapere. Ma è proprio quando faccio la fatidica domanda sul talento che scatta una riflessione molto personale, capace di insinuarsi nell’intimità, scoprendo riflessioni mai fatte prima d’ora:
“Non ho le idee chiare su questo tema. Perché ci sto pensando ora. Ma è probabile che la mia estraneità al mondo abbia fatto si che uscisse quella componente spirituale a supportare il mio talento. Il mio talento è quello di arrampicare. E l’ho fatto contro tutto e tutti. Contro un’ educazione famigliare che non ha saputo riconoscere in me questa vocazione e che parlava di Free Clown, invece di Free Climbing.

“Il talento viene mitizzato, ma mai la fatica e il lavoro che ci sta dietro per raggiungere gli obiettivi”

Scopro quindi, che ci sono due strade per alimentare il talento. In un ambiente favorevole come espressamente confermato dalla Dott.ssa Lara Milan (link), o contrastandolo come è successo per Pietro Dal Pra che in questo caso fece uscire un’energia e un bisogno di rivalsa che “consolidò la conquista”, come lui stesso afferma.

Pietro iniziò ad arrampicare a 12 anni, senza nessun supporto da parte della famiglia, anzi, con una certa ostilità. A 16 anni fu il primo Italiano (non il primo giovane, ma proprio il primo italiano) a salire una via di un grado che allora non esisteva ancora che è l’8V+ a Lumignano. E da allora non ha più smesso di seguire la sua passione e i suoi sogni.

“Il talento è stato mitizzato. Il talento non è un merito. La capacità innata non è un merito. Un pò come i titoli nobiliare nel medioevo. Anzi, se uno nasce estremamente talentuoso in qualcosa, riscuote meno stima e meno ammirazione da parte mia. E poi talento cosa significa? Nasci sapendo fare qualcosa? Ma come diceva Macchiavelli il successo è un misto di fortuna e virtù, in un susseguirsi di concause che ti permettano di intraprendere una determinata strada e poter crescere sempre di più…. serenamente anche. Ma sono pochissimi ad avere queste fortune. Perchè noi siamo il risultato di come nasciamo e di cosa abbiamo intorno.”

Ascoltando le sue riflessioni non capisco se la saggezza sta nell’età o in una spiritualità che arriva da lontano. Molto probabilmente da entrambe. E continuo ad ascoltare le sue parole cariche di sofferenza per un mondo che sta andando alla deriva senza riconoscere i segnali, e la sua cosciente empatia che intravede la speranza nei ragazzi.

“Nei ragazzini vedo altro. Nonostante una sorta di diversità inconsapevole e di disagio in questo contesto sociale, hanno una sensibilità particolare. Un’attenzione e un amore per il mondo.”

Tanti spunti di riflessione.
Scrivo velocemente sul mio foglio appunti come “nutrito dalla gioia”, “l’importanza di vivere le proprie predisposizioni”, “l’intimità delle proprie emozioni”.
Il giorno dopo la nostra incantata chiacchierata ricevo un suo vocale, perchè per lui la riflessione è continuata con mio grande piacere, e mi dice questo:

“Viene mitizzato il talento. Ma mai la fatica che c’è dietro per raggiungere gli obiettivi. Va bene talento, ma l’importante è il tempo di applicazione secondo me. La ripetizione, ripetizione, ripetizione, quasi in senso orientale. L’applicazione. Senza quello non c’è niente. Io non so quante volte ho vomitato per lo sforzo durante gli allenamenti. Non so quante volte mi sono fatto male e ho ripreso. Non so quante centinaia di migliaia di ore ho dedicato alla scalata. Scalo da 35 anni e ancora miglioro tecnicamente.
Ecco Se dietro al talento non c’è questo spirito di sacrificio, allora non è vero talento. Ma se dietro al talento c’è il piacere di fare fatica, di non mollare mai, allora è di questo che stiamo parlando. Questa è l’essenza.”

#talentisineveryone

#pietrodalpra