Durante tutta l’intervista a Bernardo Bernardini, ho avuto in mente il famoso spot della BMW: “Sono le condizioni peggiori a rendere le cose straordinarie”

“Così provai a correre e andai giù, lungo disteso sul pavimento. Ero la persona più felice del mondo, perchè secondo me si poteva fare: potevo tornare a correre.”

Da persona sicura, cazzuta, piena di convinzioni, si è ritrovato a 19 anni, per un incidente di “percorso”, in una condizione straordinariamente difficile: quella di non poter camminare.

Lui, figlio d’arte di un istruttore dell’aeronautica militare, ha visto cambiare la propria vita a seguito di un incidente aereo. Risvegliatosi in ospedale, capì che tutto sarebbe cambiato. Ma la caparbietà, la volontà e la determinazione trasformarono la sua condizione peggiore in una opportunità straordinaria.
“I primi medici mi dissero che non avrei più camminato. Poi una fisioterapista mi diede la speranza. Da allora, in totale nella mia vita, ho fatto 15 anni di fisioterapia. Sapevo che per tornare a camminare avrei dovuto recuperare almeno il 19% dei muscoli delle gambe. Arrivai a recuperarne il 30%. Ma non ero concentrato sul 30% recuperato. Ero focalizzato sul 70% che mi mancava. Questo mi faceva sentire inadatto in una sensazione costante di inferiorità. Un giorno scoprii l’esistenza di tutori in carbonio che mi permettevano di cambiare consapevolezza e percezione delle mie gambe. Così provai a correre e andai giù lungo disteso sul pavimento. Ero la persona più felice del mondo, perchè secondo me si poteva fare: potevo tornare a correre”.

Rimango colpito dal suo racconto, perchè è un dato di fatto quello di essere sempre concentrati su quello che non abbiamo, e nel caso di chi non ha subito un grave incidente come quello di Bernardo, spesso ci sentiamo inadeguati avendo la completa dotazione fisica e mentale. Allora cosa ci manca per diventare grandi e consapevoli delle nostre forze? Perchè la storia di Bernardo non finisce qui, ed è una lezione di vita che resterà indelebile per tutti quelli che avranno la fortuna di conoscerla.

“Capito che potevo riuscirci, non mi sono più concentrato sulla corsa. Ho chiamato subito il Treviso Triathlon (link) e ho chiesto: posso tesserarmi? La consapevolezza dei propri limiti, quando sei disabile, è molto sviluppata. Soprattutto quando il limite è raggiungibile velocemente. Ma l’esperienza che mi ero fatto con la bicicletta (con medie di 110 km al giorno) e con il nuoto, mi diedero la forza di riconoscere il mio talento, che è quello di vivere bene il cambiamento e saper adattare quello che ho alle situazioni.
Negli altri, questo si ripercuote come motivazione.”

Ad un certo punto esce tutto il suo spirito positivo, la sua simpatia, la sua visione realistica della vita e della sua condizione, senza compromessi, senza finzione, senza bugie; quando gli chiedo se si sente un perdente o un vincente:

“Io sono abituato a perdere. Ma mi girano i coglioni. Io vado a fare le gare sapendo che arriverò ultimo. E per uno con il carattere che ho io, al quale piace vincere, è davvero molto dura. È una delle cose più dure. Partire sapendo già di perdere.” E quando gli dico: “Perdi rispetto agli altri, ma vinci rispetto a te” mi dice: “Bea da dire. Mi sei piaciuto. Ma non è facile da fare. Quando arrivi ultimo e ti stanno aspettando tutti, e arrivi 45 minuti dopo in una gara di un’ora e un quarto, c’è gente che se n’è già andata via, ti fai un paio di domande. Ma poi ho capito che l’emozione non era tanto quella di aver portato a termine quel percorso, ma di essere rientrato all’interno di un gruppo e far parte di una squadra. Di sentirmi considerato come gli altri nonostante io fossi diverso.”

Concludiamo la nostra stupenda chiacchierata con questo messaggio di inclusione legato ai viaggi in bicicletta da Treviso a Roma:
“Perchè gli invalidi sono invalidi. Nessuno ha i superpoteri. Anzi, ne ha di meno. Ma quelli che ha li sviluppa di più per poterli compensare. Quindi la gente dovrebbe guardare ai disabili non per ciò che gli manca, ma per le opportunità che hanno ancora.”  

#talentisineveryone